Stefano Lecchini: Otto piccoli inchini

Lo scorso anno, Paolo Lagazzi fu invitato dalla rubrica “Fahrenheit” di Radio tre a commentare cinque parole che gli stavano a cuore, una al giorno. Ma l’etere disperde le voci. Così Lagazzi le ha richiamate a raccolta per trascriverle in questo lieve e luminoso libretto (Otto piccoli inchini), lasciando che ad esse si unissero tre brevi omaggi al Maestro zen Fausto Taiten Guareschi, e al suo tempio sui colli fra Fidenza e Salsomaggiore. La natura dell’inchino avvolge con delicatezza ogni pagina, non solo quelle finali dove una mite brezza orientale lucida e slancia verso l’Altrove la dura terra e i duri attrezzi della nostra campagna: perché il “piccolo”, che l’autore porta inciso come un destino nel proprio nome (paulus), appare la via privilegiata per credere all’incredibile, all’invisibile, all’impossibile – forse le uniche cose per cui la vita meriti, ancora oggi, di essere vissuta.

Sono, anche, cinque parole-chiave per entrare nell’opera saggistica e narrativa dello scrittore parmigiano. E se di inchini si tratta, non si poteva cominciare che con “Rispetto”: quell’umile piega che indica la capacità di volgere la direzione del proprio sguardo a una “seconda volta”, a una seconda chance in grado di ridisegnare da capo contorni e prospettive. Ancora allo sguardo si richiama “Poesia”, peculiarità di un “fare” con cui possiamo ripulire la realtà da quel velo di noia e abitudine che ci impedisce di “vederne la bellezza, la profondità e il mistero”. Se “Follia” non sta a significare solo l’abisso in cui affonda ogni vita disertata dalla luce, ma anche la strada, sia pure drammatica, per ritrovare il senso del sacro e le voci degli dèi, “Magia” rappresenta lo spazio arioso in cui è bello “riposare la nostra anima sottraendola per un po’ alla logica del potere e del possesso”: con una “Leggerezza” che sia veramente “freschezza intima, danza dell’anima, apertura alla speranza”, oltre le gabbie del cinismo, delle ideologie e delle mode.

Le bellissime tavole di Daniela Tomerini che impreziosiscono i testi sono spade (o bolle) di colori guizzanti nel vuoto e di vuoto: a riprova che forse solo dall’arte dell’invisibile può nascere ogni piccola e grande felicità del visibile.

 

Stefano Lecchini

 

Paolo Lagazzi, Otto piccoli inchini, Albatros, Roma 2011, pp. 55, euro 10.

 

Ritorna a www.paololagazzi.com

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi